Arte: 5 motivi per cui non si vendono opere
Ormai da qualche anno, i pittori fanno molta fatica a vendere opere d’arte e i motivi sono molteplici: dalle stampe a poco prezzo offerte dai grandi magazzini, all’avvento di Internet.
Perché non si vendono opere d’arte?
Innanzitutto, va precisato che un paragone con il passato non è pertinente per due ragioni fondamentali: in primo luogo perché la società e il mondo sono cambiati in maniera esponenziale con l’avvento di Internet, poi perché abbiamo una visione distorta di come andavano davvero le cose un tempo.
Molti pensano che i galleristi degli anni settanta e ottanta erano più capaci perché vendevano tanti quadri e che chi lavora in campo artistico oggi non sia all’altezza, quando non addirittura un truffatore. Mi è capitato diverse volte che qualcuno mi sottoponesse quadri privi di valori acquistati a suon di milioni negli anni ottanta perché “il gallerista aveva detto”, “il gallerista ci aveva garantito che”.
Risultato? Qualcuno si ritrova in casa opere il cui valore è inferiore alla cornice. Spesso non si è trattato nemmeno di disonestà del gallerista, ma il pittore ha smesso di dipingere a causa del lavoro, di un matrimonio, di una nuova passione. A quel punto, quanto aveva affermato con la sua arte si è sgonfiato, non investendo più su se stesso.
Perché non si vendono quadri?
Ebbene, sfatiamo un mito: non è vero che non si vendono quadri perché i galleristi d oggi non sono capaci, né è del tutto vero che quelli dello scorso fine millennio vendevano perché più professionali. In verità, prima dell’avvento di Internet, ci sono state molte truffe in campo artistico.

Ignari appassionati, con buona disponibilità economica, venivano aggirati da galleristi e professionisti privi di scrupoli pronti a spacciare un pittore senza talento per il nuovo Picasso. Il collezionista sganciava milioni di lire, fidandosi, e in cambio riceveva opere il cui valore non sarebbe mai stato tanto superiore a quello delle cornici. Si salvava chi aveva competenze di arte, ma per i semplici appassionati era difficile mettere in dubbio la parola di galleristi, soprattutto quando avevano fama e blasone.
Inoltre, i galleristi di un tempo non avevano la concorrenza spietata dei grandi magazzini, con le stampe a poco prezzo. Oltre ai collezionisti, potevano contare anche su chiunque desiderasse appendere colore alle pareti. Infatti, una coppia che si sposava, se aveva intenzione di appendere qualche quadro in casa, doveva rivolgersi a una galleria, o frequentare mercati e fiere del settore.
In pratica, fino a qualche decennio fa, o si commissionava un’opera a un pittore, oppure ci si rivolgeva alle gallerie. Oggi, invece, chi non capisce molto di arte, e nemmeno di economia, preferisce pagare poche decine di euro per orribili stampe prive di valore, senza comprendere che un’opera che costa cinque, seicento euro, di un artista che investe molto sulla propria immagine, nel giro di tre, quattro anni, potrebbe valere il triplo.

A incidere sul valore in maniera prepotente, infatti, è il brand del pittore, la notorietà. E l’unico modo di acquisire notorietà per accrescere il brand è investire. Nelle mostre, negli eventi, nei cataloghi. Ovviamente, non tutto ciò che luccica è oro, inoltre servono impegno, costanza e tanta pazienza. Se ti aspetti di vendere dopo un anno o due di investimenti, sei sulla strada sbagliata. Il percorso è lungo e irto di ostacoli, ma, proprio per questo, alla fine arrivano in pochi.
Ovviamente, esiste sempre il fattore K, (la fortuna), perciò può capitare di arrivare a ottenere obiettivi prima del previsto, ma, anche per incontrare la fortuna, è necessario farsi trovare, no? E se non investi tu te stesso in pubblicità, come fa il mondo a sapere che esisti? Che realizzi opere con cui vuoi comunicare qualcosa?
Perché non si vendono quadri, oggi?
Come abbiamo visto, oggi è cambiato tutto e, per fortuna, i galleristi pseudo truffatori di un tempo non possono più abbindolare le persone facilmente. Infatti, anche quando un possibile compratore non è competente, prima di acquistare un’opera può verificare se l’artista ha un nome e un mercato. Basta cercare su Internet.
E qui subentra il secondo motivo per cui non si vende.
Abbiamo visto come il primo sia riconducibile all’inganno perpetrato da certi galleristi nei confronti di ignari collezionisti, i quali, fidandosi delle parole del gallerista, concludevano che il quadro che si portavano a casa fosse destinato a quotazioni milionarie in futuro perché l’autore era il nuovo guru dell’arte. E, non potendo verificare se il pittore investiva su di sé o si trattava di un amatore della domenica, come biasimarli?
Il secondo motivo per cui non si vendono opere d’arte
Il secondo motivo per cui non si vende è che tanti artisti non hanno ancora compreso che Internet è diventato indispensabile. E in futuro lo sarà sempre di più.
Ci sono artisti ancora legati a un mondo che non esiste più. Molti non hanno nemmeno un profilo social, altri li usano sporadicamente e il più delle volte a sproposito.
Questo aspetto è importante perché i social sono potenti alleati se si sa come usarli. Non servono per avere molti like o cuoricini sotto ai post, come molti pensano, ma per diventare appetibili per gli algoritmi dei motori di ricerca.
Se un eventuale collezionista dovesse cercare l’artista Mario Rossi, prima di decidere se acquistare un’opera vista in una galleria, farebbe una bella differenza se uscissero decine di link e di immagini legate al pittore in oggetto, oppure niente.

Nel primo caso, l’acquirente avrebbe la prova di trovarsi tra le mani l’opera di un artista attivo, probabilmente in ascesa. Nel secondo, un perfetto sconosciuto che potrebbe aver iniziato a dipingere il giorno prima o, peggio, anni prima, ma senza aver fatto strada. Ed è probabile che chi non ha investito fino a oggi non lo farà nemmeno in futuro.
Inutile aggiungere che nell’ultimo caso non ci sarebbe nessuna vendita.
Perciò risulta fondamentale avere almeno un profilo sui due social media indispensabili per un pittore: Instagram e Facebook. Tuttavia, ancor più indispensabile è imparare come utilizzarli per diventare importanti per gli algoritmi di Google. Bisogna sapere cosa pubblicare, come e a chi rivolgersi.
Per prima cosa, bisogna individuare che cosa vuoi comunicare, poi devi capire a chi vuoi comunicarlo. Non si può sparare sulla folla sperando di colpire qualcuno. Non funziona più. Devi trovare il tuo pubblico di riferimento, individuare la tipologia di persona che potrebbe amare la tua espressione artistica.
Seguendo questo blog, potrai scoprire come fare, in prossimi articoli, in cui entrerò più nel dettaglio dei social media e darà consigli per gestirli al meglio.
Perché non si vendono quadri: terzo motivo.
Siamo giunti al terzo motivo per cui non si vendono quadri. Ebbene, non esiste una domanda di arte. Le persone non muoiono dalla voglia di acquistare quadri. Non aspettano il week end per fiondarsi in galleria e scucire assegni.
Non è facile da digerire, lo so. Ma le persone hanno bisogno di hamburger, di pizza, di caffè, di magliette e pantaloni, di giacche, scarpe, auto, biciclette.
Di quadri no. Non c’è alcuna necessità di appendere quadri ai muri di casa. Si tratta soltanto di orpelli, di una passione non indispensabile.
Perciò, la creatività altrui rientra in quella branchia del commercio che è marginale, un settore di nicchia a cui si rivolgono pochi appassionati che acquistano con oculatezza, cercando ciò che un giorno potrà valere più di quanto speso.

Nella maggior parte delle volte, chi acquista opere lo fa per investire. E qui si torna al secondo motivo per cui non si vendono quadri, ovvero all’importanza di farsi un nome in Internet. Perché se questi compratori non sanno che esisti, non compreranno mai una tua opera. E se non esisti per Google, stai pur certo che non esisti neppure nella vita reale.
Immagina che un venditore d’auto ti proponga una bella utilitaria, prodotta da un marchio che non hai mai sentito. Cerchi sui motori di ricerca e non trovi nulla. Nemmeno una foto del logo del brand. Acquisteresti quell’auto oppure opteresti per una vettura simile di un marchio noto?
Qui subentra il messaggio che vuoi veicolare, la tua identificazione, la carta d’identità della tua espressione artistica. Tutte cose fondamentali, ma che, purtroppo, tanti artisti sottovalutano, pensando che contino la tecnica e la scuola. Ebbene, sbagliano. il sabato pomeriggio, le piazze delle città più importanti sono prese d’assalto da ritrattisti e pittori e qualcuno è dotato di tecnica sopraffina.
Si tratta per lo più di gente uscita dalle accademie d’arte. Ma non per questo motivo sono artisti. Cosa vuol dire un ritratto? Qual è il messaggio veicolato al mondo? Se manca il messaggio, un’opera sarà un compito, una dimostrazione di maestria tecnica.
Perciò, cerca il tuo messaggio. Diffondilo al tuo pubblico di riferimento. Accresci il brand e rendi appetibile ciò che fai. Solo così potrai alimentare una domanda per la tua arte.
Quarto motivo per cui non si vendono quadri.
Ci sono troppe persone che dipingono. Oggi dipingono tutti e scovare un talento non è così facile. Ci sono i pittori accademici convinti di essere Picasso soltanto perché hanno acquisito competenze tecniche sopraffine, altri che si ritengono Pollock perché imbrattano le tele con secchiate e schizzi di vernice. Alcuni non hanno nessuna idea dei tormenti dei periodi rosa e blu di Picasso, né dello studio dell’arte degli indiani d’America di Pollock.
Altri considerano Basquiat un disegnatore da asilo, perché sono ancora legati a concezioni pittoriche più vicine alla fotografia, senza accorgersi che i due mondi si sono scissi più di un secolo fa.
Pochi hanno messaggi più o meno importanti da veicolare. Ma proprio nel messaggio si nasconde il pittore che può elevarsi al livello di artista. Come ricordato sopra, il messaggio è la carta d’identità della tua creatività. È l’elemento distintivo che può portarti a vendere opere.
Una bellissima opera, magistralmente eseguita, non vale nulla se non comunica altro oltre alla dimostrazione tecnica. Quando studiamo i grandi maestri del passato, non scegliamo i nomi più famosi soltanto per la loro tecnica, ma per i messaggi, gli stili personali, il fatto di aver tracciato nuovi percorsi.
Pensate a Van Gogh, attento ai più umili, soggetti eternamente snobbati. Pensate alla dirompenza dei concetti trattati da Fontana.
Purtroppo, tra chi non vende opere c’è anche qualcuno pronto a ridere dei tagli di Fontana. “Son capaci tutti” dicono. Oppure criticano le “merde d’artista” di Manzoni. E, purtroppo, chi non capisce il concetto è lontano anni luce dal comprendere le giuste strategie per emergere, per distinguersi dalla massa di pittori. Per diventare un artista, appetibile per i collezionisti. Per vendere opere d’arte.
Quinto motivo per cui non si vende.
In realtà, nella storia sono pochi quelli che sono riusciti a vivere della loro arte. Molti indiscussi maestri dell’arte sono morti poveri o nemmeno presi in considerazione, come Van Gogh. E soltanto successivamente si sono imposti nell’olimpo della storia dell’arte.
Basquiat è morto giovane, ma ricco. Tuttavia, alle spalle aveva una costruzione mediatica intelligente, quanto dirompente.
Picasso, pur nel suo piccolo e in epoche diverse, era capace di tessere relazioni con le persone che contavano nella Parigi del suo tempo. In parte, fu un precursore dell’arte del branding che ogni pittore che ambisca a emergere dovrebbe applicare.
E in prossimi articoli, darò consigli su come attuarla.
La verità è che per vendere quadri è necessario lavorare soprattutto sul brand del proprio nome, su se stessi. Non sono tanto le opere a dover essere vendute, ma è il vostro nome a dover diventare desiderabile.
Dovete acquistare autorevolezza nel campo. Solo dopo, le vostre opere risulteranno interessanti sotto il profilo dell’opportunità d’investimento. In buona sostanza, per vendere opere bisogna che il tuo nome diventi come il marchio dell’auto che sceglieresti in luogo di quella prodotta dall’azienda sconosciuta. Nessuno si fida di chi non ha competenze, di chi è sconosciuto e di chi non si può leggere nulla.
Perché non si vendono opere d’arte?
Ricapitolando, abbiamo visto i 5 motivi per cui non si vende. Ce ne sono di più, ma i fondamentali sono 5.
Un tempo si vendeva perché c’erano meno artisti e non esistevano le stampe, né i grandi magazzini che le proponevano. Chi desiderava un quadro in casa era quasi obbligato a entrare in una galleria d’arte, oppure doveva contattare direttamente un pittore.
Non esiste una domanda di opere. Le persone hanno milioni di necessità, ma quella di acquistare quadri o sculture rientra nelle frivolezze e, se è periodo di tagli, la creatività altrui rientra tra le cose sacrificabili. Purtroppo.
Infine, in troppi sono legati a vecchie concezioni e a schemi di un mondo che non c’è più. il pittore non è più quello che immortalava il momento, il paesaggio, la scena. Il ricordo è ambito di altri settori. Prima della fotografia, ora dei dispositivi elettronici. A un qualsiasi evento non troverete pittori agli angoli della sala intenti a dipingere la scena per un ricordo, ma fotografi e un numero enorme di telefoni di ultima generazione.
Oggi conta il branding. Conta costruire il nome come si alimentano i fiori, con costanza, giorno dopo giorno, senza dimenticarsene mai. Per vendere opere d’arte è necessario rendere il proprio nome appetibile, sinonimo di professionalità, di competenza. Ma, soprattutto, per rendere un’opera davvero appetibile, deve trasmettere un messaggio. Più è profondo, più ti identifica, maggiore sarà il suo valore.
Come diventare autorevoli in campo artistico?
Lo scopriremo in un prossimo articolo, in cui darò alcuni suggerimenti per accrescere il tuo nome come fosse un brand. Un artista non è altro che un pittore che crea in maniera professionale. Chi dipinge è come il meccanico della domenica, L’amico appassionato di motori che dà una controllatina all’olio e ti cambia la cinghia dell’alternatore la domenica mattina. L’artista è il meccanico che alimenta la sua passione studiando e qualificandosi.
Apre la sua officina e si rivolge a una clientela attraverso la pubblicità in cui presenta i suoi servizi. Ha una visione del futuro, in cui l’officina diventi un’azienda, con decine di meccanici a lavorare. E, magari, la trasformazione in una concessionaria d’auto, per legare la manutenzione meccanica alla vendita di autoveicoli. Magari di una marca prestigiosa.
Ecco, l’artista è quello che lavora per non dipingere solo nei ritagli di tempo, vendendo qualche opera ad amici e parenti. Il più della volta, regalandole. Non è nemmeno quello che partecipa sporadicamente a mercatini e sagre di paesi o quello che espone nella sala civica del paesello.
È quello che investe in pubblicità, in mostre personali, fiere, cataloghi, per proporre la propria arte e i suoi messaggi. Ovviamente, non serve spendere migliaia di euro per decine di eventi ogni anno, ma bastano cinque, sei cose ben fatte, insieme a un’ottima strategia di comunicazione e di pubblicità, sfruttando la tecnologia e il potere mediatico dei social media.
Anche per questi elementi, ti invito a seguirmi. In prossimi articoli spiegherò perché dovresti sviluppare la tua presenza sui social media e ti darò alcuni consigli per farlo al meglio. Potresti seguire anche l’agenzia specializzata in comunicazione che ti linko: https://comunicareadarte.com/https://comunicareadarte.com/.
Ma, cosa più importante di tutte, decidi cosa vuoi dire e a chi ti rivolgi. Il tuo messaggio dice chi sei e chi sarai in futuro.
Solo così potrai ambire a vendere opere.
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